martedì 27 agosto 2013

insieme

era un nascondersi per poi mostrarsi e poi tirarsi ancora una volta indietro.
Di certo non ero uno fra tanti. Appena potei andai via da scuola, ma non per inseguire un sogno.
Tutto sommato mi infastidiva guardare i miei coetanei sbattersi tanto per rincorrere piaceri di un momento.
No, preferivo di gran lunga restare fermo in apnea ad aspettare, e se niente fosse cambiato sarebbe andato bene lo stesso.
Con poca voglia lavoravo in una mensa per barboni, stile volontariato, ero il loro cuoco. Mi trovavo bene con loro, non si lamentavano mai di quello che preparavo e mi chiamavano signor Giovanni.
Mi piaceva sopratutto restare a guardarli da lontano, con le pentole accese, mentre si avvicinavano alle tavole. Mi piaceva immaginare le loro storie, i paesi lontani da dove venivano e gli scantinati dove si ritiravano a dormire la notte.
Guardavo le mie pentole e di solito erano loro a raccontarmi chi si sarebbe seduto a quei tavoli. Non avevo un vero e proprio menù, mi affidavo solo agli ingredienti che avevo... uova, riso, fagioli, insalata...
Non avevo grossi legami con nessuno e ciò mi piaceva, mi credevo libero.
Poi un giorno scrutando i miei ospiti la notai. Non era bella, ma non potevo fare a meno di fissarla, era lì seduta e non mangiava. Passò una settimana ed io preparai i miei piatti migliori, provai ad immaginare cosa le piacesse, ma niente. Ero in cucina arrabbiato perché c'era qualcuno a cui non piaceva ciò che cucinavo. Decisi di portarle personalmente il piatto e chiederle cosa diavolo ci fosse che non gradisse.
Mi sorrise e con calma mi chiese un piatto vuoto, lo portai. Prese la forchetta e divise il cibo in due e mi mise un piatto davanti. Poi mi fissò e disse:
"non mi importa del gusto di ciò che prepari, aspettavo solo qualcuno con cui poterlo condividere".

lunedì 26 agosto 2013

I'll go

A volte si sente semplicemente il bisogno di partire.
Lasciarsi alle spalle ciò che si vive e tuffarsi in qualcosa di nuovo, di diverso.
C'è delusione a volte in questo, oppure semplicemente quel senso di inadeguatezza che traspare dai tuoi mezzi sorrisi.
Io non so ancora bene perché sono andato, ma so che sono uno di quelli che per indole fuggirebbe sempre, e che invece per vocazione ha una voglia matta di ritornare.
C'è qualcosa di profondo che mi lega non tanto alla mia terra o ad una straniera, bensì all'idea di camminare.
Ci sono due modi di vivere la vita, o fermi o in movimento. E sono entrambi giusti, basta solo scoprire di quale siamo fatti noi.
Forse non andrò mai troppo lontano dalla mia terra, eppure continuerò a camminare lontano.

mercoledì 21 agosto 2013

un puntino



eri poco più di un puntino mi avevano detto.
Tua madre è così bella. L'ho conosciuta per caso, in un bar.
Lei era con delle amiche ed io per scommessa dovevo fermarmi a parlarle. Naturalmente non mi degnò nemmeno di uno sguardo. Tornai in quel locale ogni pomeriggio, senza incontrarla mai.
Poi un giorno, per caso, la vidi in panetteria.. E stesso copione, lei rise tanto e io le chiesi il numero di cellulare. Mi diede solo una cifra, le altre avrei dovuto meritarmele.. Ogni volta che ci saremmo incontrati avrei dovuto farla ridere. 
Dopo 9 mesi il numero era mio, ed io ero suo. 
Come è bella tua madre, era stupendo stare con lei, quando sorrideva solo per me. 
Eravamo innamorati, e mi sembrava di poter avere il mondo in mano. Poi un giorno avvertì dei dolori, la portai in ospedale, anche lì in attesa sul lettino era bellissima. Il medico non ci mise molto a rassicurarci, non c'era nulla di strano in quei fastidi, era solo incinta.
Il mondo fra le mie mani si sgretolò e dentro di me si ruppe qualcosa. Io volevo solo i suoi abbracci, il suo sorriso, il profumo dei suoi capelli. Ero un ragazzo. 
Scappai, non ti volevo, volevo solo lei, lei sola. Ero solo.
Passarono due settimane, decisi di rincontrarla. Avevo paura, ma avevo capito che stare insieme era il modo giusto per preparare il tuo arrivo.
Lei era bellissima, ma non mi sorrideva. Come poteva crescere un figlio da sola? Come avrebbe fatto con il lavoro? Cosa avrebbero detto tutti? Nessun uomo mai si sarebbe avvicinata a lei. Delle amiche le avevano consigliato l'aborto. 
Eri poco più di un puntino,
tua madre è bellissima,
io non sono stato capace nemmeno di donarti un nome.



venerdì 2 agosto 2013

un pugno al cielo


Quanto sangue esce dal mio naso. Lo vedo scorrere in questo fottutissimo lavandino e la testa balla che un piacere. Mi guardo allo specchio, sono davvero io quella con questo naso a pezzi e questi occhi socchiusi? Mi ci vorrebbe del ghiaccio, ma come al solito non c’è.
Tutto è andato all’aria, ho investito i miei tempi ed i miei sforzi e non è bastato, tutta me stessa per rimanere al tappetto, ancora. Cosa sarai domani? Ancora la stupida Ireta che serve ai tavoli per 1,5 € all’ora, sempre che te lo permetteranno con questo viso sfregiato.
Tempo sprecato a credere in me e a nascondere i miei limiti, tempo passato ad allenarmi e a difendermi da tutti. Non è normale che una ragazza tiri pugni, eppure è l’unica cosa che mi riusciva bene, fino a ieri. Come è strana la vita, nasciamo con la capacità di sognare e contemporaneamente abbiamo iscritto nel nostro dna la sconfitta e la miseria. Nulla da fare per una come me.
E’ passato già un anno da quando il mio allenatore mi ha notata, un ragazzotto mi allungò una mano sulle gambe ed io d’istinto gli ruppi il muso, un diritto senza mezze misure. Ero sola in questa città dove sono arrivata per scappare da tutti e soprattutto da me e così perché non accettare quell’invito? Tutte le mie amiche di scuole danzavano, ed io in un certo modo facevo lo stesso allenandomi. E poi gli incontri, quanta adrenalina quando la mia avversaria crollava a terra portandosi al suolo anche un pezzo di me. Ho visto il mio gancio sinistro rompere il sopracciglio di una e gettare via la rabbia per non essere mai stata presa troppo in considerazione a casa, un naso rotto per buttare gambe all’aria tutti quelli che mi avevano emarginata, la piccola e stupida Ireta.

Oggi è andata diversamente, lei ha fatto prima di me ed io sono caduta giù e la rabbia che ho dentro mi è rimasta in gola, ed il sangue perso mi ha fatto ricordare solo quanto sono stupida e fragile. E’ in serate come queste che percepisco di essere ridicola, ed il vomito e la rabbia dallo stomaco salgono, e avrei solo voglia di poter tirare un pugno al cielo.