mercoledì 16 dicembre 2015

Amava


La metro correva troppo veloce, così facendo sarebbe arrivato puntuale all'appuntamento e proprio quella volta preferiva far tardi. Francesco decise che era meglio scendere e continuare a piedi, l'aria in faccia ed una sigaretta l'avrebbero aiutato a pensare. 
Ad aspettarlo, a qualche km di distanza, c'era Lucia, la sua Lucia. Se la immaginava chiusa nel suo cappotto, pronta a stringerlo forte. Quante volte quell'abbraccio sicuro e dolce gli aveva ridato vita, quante volte gli era tornato il sorriso grazie a lei. Lucia aveva questo dono immenso, rendeva Francesco felice. Ma era davvero la felicità che lui cercava? 
Una tasca che vibra, un messaggio di Irene: "è una noia senza di te ;)". Forse era sceso da quel treno solo per poter ricevere quelle parole. Irene l'aveva incontrata per caso, mentre lavorava. E tutto era andato così velocemente. Francesco non era un cattivo ragazzo e non voleva tradire nessuno, ma non poteva mentire a se stesso. Lucia era quanto di più bello avesse nella vita, da lì a poco sarebbero andati a vivere insieme eppure ciò non era bastato per non innamorarsi ancora. E la sua testa era un continuo domandarsi la cosa giusta da fare. Irene era capace di tirare fuori da lui il meglio, quando era con lei tutto era possibile. Ma era davvero questo ciò che cercava.
Francesco accese la sigaretta ed inspirò piano. Cos'era più importante? Sentirsi amati per sempre o per sempre trovare un motivo per amare?

Amava Lucia ma di Irene ne era innamorato






lunedì 12 ottobre 2015

Intrecci

Finalmente fuori, l'attesa in quel palazzo si era fatta estenuante. In quel salottino eravamo in sei dalle 9 di stamattina a sorriderci, ben consapevoli che in realtà eravamo nemici uno contro l'altro, per un'opportunità di lavoro.
E tutto sommato sono contento di essere stato scartato, il direttore non è stato equivoco, non gli servivo. Ed in fondo lo capivo, non servivo nemmeno troppo a me stesso dopotutto. Ma quel colloquio almeno avrebbe zittito per un po' mio padre.
Non c'è niente di più bello che camminare con la giornata davanti senza impegni, con la libertà e l'esigenza di dover far spazio nella testa, sempre con troppi pensieri intrecciati. Come in tasca le cuffie del mio mp3 strette e incredibilmente incasinate, così vivo la maggior parte del mio tempo, con il peso di essere ciò che gli altri vogliono.
Sono pochi gli istanti in cui decido di premere play e sbrogliare la matassa che ho in testa.

Il mio problema è che non ho nessuna intenzione di perdere nessuna emozione, anche quelle in contrasto mi fanno bene. A volte  credo che sia proprio questo casino a permettere al mio cuore di battere ancora e sempre

lunedì 5 ottobre 2015

a metà

incompleto, come un disegno lasciato a metà... come una frase sospesa che non sa trovarsi un finale.
Guido è un bel ragazzo, con un bel sorriso, begli amici e belle storie da raccontare. Uno di quelli che a guardarlo da lontano lo credi perfetto, senza problemi.
A volte per Guido è così, spensierato nei suoi jeans nella sua ricerca di un futuro. Come è bello quel tempo adolescenziale nel quale sostituiamo il termine ricerca con il termine sogno. E così finisci per sognare un mondo perfetto, ancora storie che valgano la pena di essere raccontate.
Ma Guido non è solo questo, anzi. Tutto ciò è solo una metà. Perché di tutte le occasioni che gli capitano lui sceglie di viverne solo una parte, come se la vita potesse essere mangiata come la pizza, senza il cornicione.
Forse è questo il suo più grande errore, Guido lascia sempre tutto in sospeso e questo lo fa vivere solo una metà delle sue emozioni. E' innamorato, ma non riesce a fidanzarsi; è uno studente, ma ha bisogno continuamente di esami per aprire un libro; è un credente, ma di quelli che non sentono il bisogno di aver fede; è un uomo, ma di quelli che non scelgono mai

domenica 6 settembre 2015

Istanti

È come quando il cielo si illumina per un lampo, sei li qualche istante ad aspettare il tuono, impaurito  o magari distratto, ma in attesa. È così che ormai vivo, solo di quegli istanti, e aspetto che da un momento all'altro il tuono venga e distrugga tutto. Quegli attimi di paura diventano attimi di vita in una corsia di ospedale, perché quel lampo è caduto lontano dal tuo letto, almeno per oggi.
E di questi attimi che vivo da quando abbiamo scoperto che Giulio ha la leucemia.
Ti insegnano per tutta la vita ad essere come il lampo, primo su tutti sempre il più veloce nel fare o nel rispondere, e ti insegnano ad essere tuono per non rimanere schiacciato dagli altri, anzi per essere tu a schiacciarli.
Nessuno ti insegna invece la verità, che la vita vera è fatta solo di quegli istanti tra il lampo ed il tuono e vorresti essere lento per goderne appieno ed essere debole per poterti affidare agli altri perché da soli non si sconfigge niente.
E impari che nulla è scontato e che tutto è dono, impari a vivere il tuo dolore senza più nasconderlo, assaporando piccole gioie ogni giorno .
E impari  a non rimandare nulla a domani perché non c'è lampo ne tuono tanto forti da riuscire a convincerti che questi istanti, tanto belli ed intensi, non valgano una vita intera. 

mercoledì 26 agosto 2015

Ostinata


un pò di shampoo le finì nell'occhio sinistro e fu costretta a chiuderlo. Continuò a lavarsi così, al buio, ma senza particolari ansie. Perché sapeva quel dolore a cosa era dovuto ed in fondo sapeva ben muoversi con il suo corpo. 
Rosa chiuse l'acqua ed uscì dalla doccia. Rimase per un po' così a guardarsi quell'occhio arrossato, le piaceva rimanere nuda davanti allo specchio, stava bene così, al caldo nella privacy del suo bagno. 
E' proprio vero, ciò che non si conosce fa più male, e la sua testa iniziò a vagare correndo veloce all'immagine di suo padre che andava via da casa, al suo primo bacio in una sera d'estate con lui che non si fece più vedere, il primo cattivo voto a scuola, la malattia di sua madre. Quanto tempo aveva impiegato a categorizzare quei dolori, quanto tempo era passato per capire che certe cose le avevano lasciato dentro cicatrici e paure. Magari tutto fosse semplice da curare come un occhio arrossato. 
Iniziò ad asciugarsi i capelli, e mentre i suoi ricci provavano a trovare una forma si rese conto di quanto bene gli facessero momenti come quello. Perché nel cuore non si creano cicatrici di bene? Perché il dolore ci rimane incollato addosso, nei nostri modi di fare e di pensare ed il bene invece sembra così effimero?

Rosa si fermò di colpo, posò il fono e tornò a guardarsi allo specchio. Era lì accanto, il suo occhio sinistro era ancora arrossato ma quello destro sembrava sorriderle. Che intuizione, la felicità era davvero forse solo un cambio di prospettiva? Perché cercare cicatrici di bene? Il dolore quando c'è non ti fa pensare a nient'altro ma ciò non vuol dire che il bene scompaia. 
Quanto tempo passiamo a rimuginare sul male senza mai fermarci ad assaporare il bene. Quante lacrime versate su persone che vanno via che ci impediscono di sorridere a chi invece resta. Quante cicatrici di dolore che induriscono i nostri comportamenti facendoci dimenticare di essere ancora capaci di essere felici.

Rosa si vestì serena e decise che d'ora in poi per ogni piccolo o grande dolore che l'avrebbe colpita avrebbe ostinatamente cercato una mezza occasione per sorridere.

Forse alcuni dolori sono troppo grandi per riuscire a sorridere. 
Ma la vita è ostinata e non farà mai calcoli

lunedì 13 luglio 2015

stazione


Rischia di diventare un tormento più che uno stile di vita. E’ una valigia sempre pronta e sempre sfatta un po’ come il tuo cuore aperto a tutti eppure in perenne confusione per i tanti abbracci che sa di non poter più assaporare.
Anna era stato un incontro fortuito eppure tremendamente penetrante. Quante volte ero passato fuori a quella stazione e quante volte non l’avevo mai notata? Fino al giorno in cui lei piombò nella mia vita
Avevo sempre avuto altro e non credevo di averne bisogno, ma l’amore ti travolge come un’esperienza sempre nuova. Ti rende così incapace, ero così pieno di risposte da aver sottovalutato il fatto che qualcuno potesse non avere le domande. Così ho dovuto ritornare ad essere bambino per riscoprire il come si fa, come si sta accanto e basta senza pretendere altro. Perché fuori a quella stazione lei non desiderava altro, non aveva bisogno di un cavaliere, aveva solo bisogno di essere sorrisa e sorrisa ancora. E così l’ho amata tanto, perché si ama solo quando si ha bisogno delle stesse cose e Anna mi ha aiutato a scoprire che anche io in fondo volevo solo un sorriso in più.

Ed ora sono ancora fuori a quella stazione ma il mio treno è stato annunciato e devo andare, con il cuore che sorride per il subbuglio che una piccola donna ha saputo crearmi dentro. Vince chi ama di più, sono certo che dovunque sarò questa stazione sarà sempre casa, perché gli occhi di Anna continueranno a guardarmi da lontano. La mia valigia resterà pronta per andare, ma quest’oggi Anna ha inciso nella mia pelle la strada per tornare.

mercoledì 29 aprile 2015

altro

«Marco perché fai così, proprio non ti importa di noi?», mi faceva venire i brividi vedere quel suo sguardo vuoto dritto verso qualcosa di lontano, qualcosa sempre troppo oltre. “Non ti ha mai giudicato abbastanza” sentenziò la mia testa continuamente arrabbiata con lui. Eppure c’era qualcosa di magnetico che non mi lasciava distogliere lo sguardo da lui.
“No, Anna, aspetta. Lo sai, non sei tu, il problema è il mio. Certo che mi importa del tuo lavoro, di noi, sai che senza di te sarei spacciato, sei l’unica che riesce a tenermi saldo qui”.
Era vero, Marco, brillante avvocato, bel ragazzo, di buona famiglia e apparentemente senza problemi e senza grilli per la testa, non sapeva e non riusciva a godersi la sua felicità. Ma la cosa più stupefacente, ciò che davvero faceva stare male Anna è che a lui non importava, anzi non se ne accorgeva nemmeno.
Si erano conosciuti nello studio legale dove lei lavorava come segretaria. Lui era arrivato lì per fare praticantato. Non l’aveva mai corteggiata, e forse proprio questo l’aveva affascinata. Lei, bellissima, era abituata ad avere sempre tutti ai suoi piedi, e quel giovane bello e sfuggente che le sorrideva, ma niente più, la intrigava.
Fu un duro colpo per lei scoprire, una volta innamorati che quella non era una strategia per ammaliarla, Marco era così sempre. Voleva qualcosa la puntava, la consumava ed andava via, come un giovane sciacallo. Non aveva gusti musicali, non aveva preferenze politiche, sogni o particolari tendenze letterarie. Giocava a calcio, usciva con gli amici, ma niente lo interessava davvero. Non si trattava della solita maschera per sembrare qualcuno che non sei, Marco semplicemente non era. Apparteneva pienamente a questo tempo, non puoi definirlo per il chi è, ma per ciò che non è. E così finisci per non definirlo.

E forse Marco è l’unica persona che conosco davvero libera, ma a che costo? All’amaro prezzo dell’altro, senza legami, con nessun abbraccio che potrà mai scaldarlo davvero, con nessun sogno che potrà mai dargli il coraggio nel presente, con nessuna passione ad alleviare la monotonia della ripetitività quotidiana.
Oppure Marco è tutt’altro, e forse Anna non lo comprenderà mai. Lui vuole altro e ha paura sempre di altro, questo lo rende forte perché incosciente, ribelle perché sincero, davvero libero perché con il cuore in tutto ciò che fa e contemporaneamente proiettato ad altro.

Anna lo crede disamorato, Marco è semplicemente nel vento. E sorride per questo.

domenica 5 aprile 2015

una mano tesa

"Coraggio, coraggio, coraggio!", diceva tra se e se Fabrizio come un mantra. Era stata una strana serata quella, iniziata con gli amici di sempre e conclusa come sempre con una birra da solo fuori al parco di casa sua. A Fabrizio piaceva aspettare l'alba così, con la testa troppo piena di musica ed alcol per pensare davvero, troppo vuota di sguardi sinceri per smettere di farlo. 
Fu un attimo, un battito di vento che lo avvolse tutto, ed un profumo di buono che invase le sue tempie, l'alcol fa sembrare belle tante ragazze ma questa che gli era passata accanto era un angelo. 
"Coraggio, coraggio, coraggio!", devo fermarla... Fu una questione di attimi, le si avvicinò ma non riuscì a parlare, lei era lì che gli sorrideva. Da vicino non poté non notare che il cappello di lei nascondeva un male troppo grande per essere digerito da una birra.
"Non preoccuparti", disse lei imbarazzata. E andò via.
Fabrizio la vide andare e vide con lei andarsene anche una parte di se. Si vide perso, le sue giornate tutte tali e quali, passate nel benessere e nel fare tutto ciò che voleva, non erano nemmeno lontanamente paragonabili alla gioia del sorriso di quella ragazza malata. 
Si senti un nodo in gola, ma poi decise di sputarlo via e corse da lei. Non sapeva bene ne cosa dire ne cosa fare, ma in quel sorriso aveva visto una mano tesa, in quella malattia una luce nuova per guardare alla sua vita. Decise di aggrapparsi con forza a quella mano, voleva imparare a sorridere come lei. 

mercoledì 4 febbraio 2015

come se nulla fosse


seduto coi pensieri in corsa
avvolto dal vento che vuole portarmi via
c'è un fiore che scuote la mia assenza
la paura con il suo sudore a bagnarmi l'essenza
Esserci ancora, come se nulla fosse

giovedì 1 gennaio 2015

capelli al vento


A volte basta fare due passi e prendere un pò d'aria. I muscoli riprendono vita ed il freddo che ti entra nei polmoni è un dolce abbraccio di vita.
Maria lo sapeva, ma come tanti si nascondeva dietro alle tante cose da fare, tirata giù dai troppi se e ma che la sua vita ogni giorno le chiedeva di affrontare. Già la sua vita, ritornava a pensarci spesso, la sua stramaledetta vita normale, senza traumi, senza ansie, senza problemi. E vuota di sorrisi e di carezze. Una vita che vista dal di fuori sembrava non avere pieghe o sbavature, l'università, gli amici, i sabato sera, ma che dal di dentro ruggiva come una tempesta. Quasi che si possa vivere col sorriso sulle labbra ed un grido nel cuore. 
Cosa cerchi Maria? Come stai?
Se lo chiedeva spesso durante le sue lunghe passeggiate al molo d'inverno, la sera, con il vento che rumoreggiava tra gli scogli e attutiva quei battiti troppo veloci che l'assordavano dentro. Sto bene, si ripeteva sempre più frenetica, eppure non era così. O forse non era semplicemente così, perché il bene te lo devi costruire e guadagnare ogni giorno, e perché puoi avere tutto ma provare lo stesso il vuoto. 
Si fermò un attimo Maria a prendere fiato, poi quel gesto consueto di tirarsi i capelli indietro e stringerli in un pugno, gli occhi chiusi per un'istante che si riaprono verso il cielo. Un'emozione fugace, un sorriso strappato, una stella che cade scuotendo l'immobilità di un cielo e di un cuore anestetizzati da antichi dolori, riscaldati da un tiepido abbraccio. Quel sorriso leggero toccò il pugno di Maria, e fu un'esplosione. 
I suoi capelli al vento in balia come il mare e lacrime calde e lacrime amare. 
Forse era arrivato il momento di non restare chiusa, in ordine, in un pugno, ma di aprirsi alla novità del vento