giovedì 20 febbraio 2014

castelli di futuro


Il gusto del caffé sale rapido alle tempie e regala una sensazione di benessere, ed in un attimo ti senti a casa, anche se hai dormito in una brandina per sole poche ore. Anche se accanto a te non ci sono persone che puoi definire amici. Ma più veloci ritornano alla mente le immagini di ieri pomeriggio. Le bandiere, il corteo, poi un sasso, uno spintone e fumogeni che non ti permettevano di vedere niente. Doveva essere solo una manifestazione ma il fuoco della rivolta ribolliva tra l'asfalto. 
Andrea non è un duro, non lo è mai stato. Eppure oggi lì nei suoi jeans, con la felpa stropicciata e i ricordi ammaccati sembra voler prendere a pugni il mondo. 
Cosa ne è stato di quel ragazzino solare che amava gironzolare nell'officina del padre? Erano tempi felici ed ogni sera Andrea giocava a costruire castelli di futuro ed il mondo sembrava tutto a portata di mano.
Poi qualcosa è cambiato, la chiamavano crisi economica, ma Andrea ricorda solo che ha portato via l'officina a suo padre, e col tempo ed una bottiglia suo padre lontano da lui.
E si cresce ed il cuore accumula ferite e durante notti insonni Andrea impara a costruire castelli di dolore, quelli dove ti abitui a vivere pur di restare solo. Così le sue giornate passano grigie ed i suoi sorrisi si smorzano in attesa di un'occasione per mandare tutto all'aria.
Poi un giorno quell'occasione ti si presenta davanti. E Andrea le corre incontro. In piazza contro uno stato che pensa solo a se stesso e che già ha infranto troppi sogni, contro il perbenismo che lo ha tenuto legato per troppo tempo. Contro se stesso, perché il grido di libertà che ha dentro è più assordante di qualsiasi altro ragionamento.
Ed in quella pietra che vola c'è Andrea che grida contro tutto e tutti. Sognava di avere il mondo a portata di mano, non avrebbe mai pensato che tirargli un pugno gli avrebbe restituito il respiro.