mercoledì 29 aprile 2015

altro

«Marco perché fai così, proprio non ti importa di noi?», mi faceva venire i brividi vedere quel suo sguardo vuoto dritto verso qualcosa di lontano, qualcosa sempre troppo oltre. “Non ti ha mai giudicato abbastanza” sentenziò la mia testa continuamente arrabbiata con lui. Eppure c’era qualcosa di magnetico che non mi lasciava distogliere lo sguardo da lui.
“No, Anna, aspetta. Lo sai, non sei tu, il problema è il mio. Certo che mi importa del tuo lavoro, di noi, sai che senza di te sarei spacciato, sei l’unica che riesce a tenermi saldo qui”.
Era vero, Marco, brillante avvocato, bel ragazzo, di buona famiglia e apparentemente senza problemi e senza grilli per la testa, non sapeva e non riusciva a godersi la sua felicità. Ma la cosa più stupefacente, ciò che davvero faceva stare male Anna è che a lui non importava, anzi non se ne accorgeva nemmeno.
Si erano conosciuti nello studio legale dove lei lavorava come segretaria. Lui era arrivato lì per fare praticantato. Non l’aveva mai corteggiata, e forse proprio questo l’aveva affascinata. Lei, bellissima, era abituata ad avere sempre tutti ai suoi piedi, e quel giovane bello e sfuggente che le sorrideva, ma niente più, la intrigava.
Fu un duro colpo per lei scoprire, una volta innamorati che quella non era una strategia per ammaliarla, Marco era così sempre. Voleva qualcosa la puntava, la consumava ed andava via, come un giovane sciacallo. Non aveva gusti musicali, non aveva preferenze politiche, sogni o particolari tendenze letterarie. Giocava a calcio, usciva con gli amici, ma niente lo interessava davvero. Non si trattava della solita maschera per sembrare qualcuno che non sei, Marco semplicemente non era. Apparteneva pienamente a questo tempo, non puoi definirlo per il chi è, ma per ciò che non è. E così finisci per non definirlo.

E forse Marco è l’unica persona che conosco davvero libera, ma a che costo? All’amaro prezzo dell’altro, senza legami, con nessun abbraccio che potrà mai scaldarlo davvero, con nessun sogno che potrà mai dargli il coraggio nel presente, con nessuna passione ad alleviare la monotonia della ripetitività quotidiana.
Oppure Marco è tutt’altro, e forse Anna non lo comprenderà mai. Lui vuole altro e ha paura sempre di altro, questo lo rende forte perché incosciente, ribelle perché sincero, davvero libero perché con il cuore in tutto ciò che fa e contemporaneamente proiettato ad altro.

Anna lo crede disamorato, Marco è semplicemente nel vento. E sorride per questo.

domenica 5 aprile 2015

una mano tesa

"Coraggio, coraggio, coraggio!", diceva tra se e se Fabrizio come un mantra. Era stata una strana serata quella, iniziata con gli amici di sempre e conclusa come sempre con una birra da solo fuori al parco di casa sua. A Fabrizio piaceva aspettare l'alba così, con la testa troppo piena di musica ed alcol per pensare davvero, troppo vuota di sguardi sinceri per smettere di farlo. 
Fu un attimo, un battito di vento che lo avvolse tutto, ed un profumo di buono che invase le sue tempie, l'alcol fa sembrare belle tante ragazze ma questa che gli era passata accanto era un angelo. 
"Coraggio, coraggio, coraggio!", devo fermarla... Fu una questione di attimi, le si avvicinò ma non riuscì a parlare, lei era lì che gli sorrideva. Da vicino non poté non notare che il cappello di lei nascondeva un male troppo grande per essere digerito da una birra.
"Non preoccuparti", disse lei imbarazzata. E andò via.
Fabrizio la vide andare e vide con lei andarsene anche una parte di se. Si vide perso, le sue giornate tutte tali e quali, passate nel benessere e nel fare tutto ciò che voleva, non erano nemmeno lontanamente paragonabili alla gioia del sorriso di quella ragazza malata. 
Si senti un nodo in gola, ma poi decise di sputarlo via e corse da lei. Non sapeva bene ne cosa dire ne cosa fare, ma in quel sorriso aveva visto una mano tesa, in quella malattia una luce nuova per guardare alla sua vita. Decise di aggrapparsi con forza a quella mano, voleva imparare a sorridere come lei.