lunedì 26 settembre 2016

domani?


“C’è una sola cosa che vorrei davvero, avere a disposizione del tempo”.
In fondo è la cosa di cui Gabriele più sentiva la mancanza. Una vita, la sua, bella piena di soddisfazioni, di primi posti e di obiettivi raggiunti, perché in fondo in quello che fai sei bravo e non ti costa fatica.
Eppure, dopo una giornata frenetica a fare tutto ciò che andava fatto, non era appagato.
Sveglia al mattino, la corsetta giù al parco perché deve mantenersi in forma. Poi accompagnare i bambini a scuola, perché è un padre di famiglia. Poi il lavoro, perché bisogna guadagnare per far andare avanti con la scuola, i dottori, il calcetto e la danza. Poi una visita alla mamma ammalata perché si sente troppo sola.
Poi e perché che si aggrovigliano nella mente e mandano in corto circuito il cuore. Non vuoi venir meno a nessun impegno preso, eppure in quelle faccende in cui avrebbe dovuto trovare se stesso, Gabriele non trovava niente.
Giornate spese a rincorrere i poi, giornate passate a doversi giustificare dai perché.
Domande che sempre più insistenti ti tolgono il respiro mandandoti in corto circuito, come quando è caldo eppure tu senti un brivido di febbre, come quando in ciò che fai ci metti il cuore ma questo poi crea legacci.
È davvero giusto ciò che faccio? È davvero questa la mia strada? E domani?

lunedì 30 maggio 2016

l'altra


Quando l'ho vista in palestra mi è successo qualcosa di strano, ero lì a fare i miei esercizi e intanto pensavo a dove l'avessi vista. Dal tappeto la guardavo nello specchio, i nostri occhi lontani si incrociavano furtivi e sorridenti. Me ne innamorai subito, senza un perché preciso. Era bello sentirsi guardati, era bello spiarla e inventarsi un modo per poterle parlare.
In strada, il vento che mi asciugava la pelle ancora bagnata e l'andare piano in moto con il volto di lei fisso davanti agli occhi. Arrivai a casa e, come sempre, trovai mia moglie ad aspettarmi, bellissima, leggeva un libro sul divano. La abbracciai e la baciai ma niente levò dal mio cuore l'altro sguardo. 
La storia ci racconta che l'amore è unidirezionale, ma ciò non basta a fermare le emozioni che spontanee partono e creano mille fantasie nella testa. Guardavo Michela leggere, guardavo i suoi capelli setosi e ricordavo facilmente perché ero innamorato di lei, e intanto, mentre di notte il profumo di quei capelli accompagnava il mio riposo, l'altra tornava a farmi visita.
E' la strana sensazione di avere tutto e di sentire il bisogno di altro. Ho sognato la vita con Michela e ho lottato per stare con lei. E' la donna più forte che io conosca, chissà quante volte mi sarei perso se non l'avessi incontrata. Voler stare con lei mi ha dato la fiducia necessaria per capire chi volevo essere, per studiare, per crescere. Il suo sguardo al mattino è il motivo per cui mi sveglio con la consapevolezza che sarà una giornata bellissima. Amo Michela, è la donna della mia vita.
 Eppure ce n'è un'altra...

martedì 8 marzo 2016

Samir

“Samir vieni, c’è qualcuno che ti cerca”. Il ragazzo posò i cuffioni e iniziò a scendere le scale. Subito un tremolio delle pareti gli ricordò di dove si trovava, da qualche parte era venuta giù una bomba. Era ormai quel tremare diventato il sottofondo ufficiale di ogni cosa si scegliesse di fare. La guerra civile prima ed ora gli attacchi occidentali rendevano la sua città una continua polveriera.
Ma Samir è forte dei suoi 16 anni e come tutti gli adolescenti non sente nemmeno lontano il puzzo della morte, sarà l’incoscienza.
Alla porta c’era Bashir, suo compagno di scuola, in una giacca troppo larga, forse del padre. “L’hai sentita? – Samir feci si con la testa – bene io ne ho abbastanza, voglio andar via”. Samir sorrise, aveva sentito quel discorso già tante volte. Bashir riprese: “ma questa volta non è come le altre, è appena arrivata una lettera di mio cugino dall’Italia, dice che lì c’è abbastanza lavoro per tutti. Capisci Samir? – lo guardò fisso negli occhi – possiamo finalmente cambiare la nostra vita, niente bombe e niente miseria, niente morte”.
Samir non ne era troppo convinto, suo padre era partito per la Francia quando lui era un bambino, in passato mandava soldi e giocattoli, poi d’improvviso più nulla. Sua madre da allora era caduta in depressione, in bilico tra le lacrime di una vedova e la rabbia di una donna tradita. No, l’occidente non prometteva nulla di buono.
“Credimi – incalzò Bashir – si tratta solo di passare il Mediterraneo, il resto verrà da sé. Pensa che mamma lascerà partire con me anche Fatima, è tutto sicuro questa volta”.
‘Fatima’… pensò in un attimo Samir e davanti agli occhi gli passò l’immagine di quella bambina vestita di viola che lo invitò da piccolino a prendere un caffè immaginario… poco dopo la vedeva cresciuta, in classe, che gli sorrideva da lontano… e poi in quella sera dell’estate scorsa, durante una tregua dalle bombe, mentre si promettevano amore per sempre.
Gli occhi di Samir sorrisero: “Certo, partiamo, il nostro futuro ci aspetta”. Bashir lo guardò entusiasta “cerca di convincere i tuoi, tra due settimane sarà aprile, un buon tempo per partire”. I due amici si strinsero in un forte abbraccio, poi Bashir andò via.
Samir corse in stanza, provò a collegarsi ad Internet ma niente, non c’era segnale. Si girò verso la sua libreria e cercò il suo vecchio libro di geografia. Cerco la cartina dell’Italia e iniziò a fantasticare sull’Italia e sulle tante opportunità che stavano per aprirsi davanti a lui. Immaginò Napoli e lui Fatima abbracciati stretti in un vicolo senza sole, pensò a Roma e alle sue antichità, si ricordò di Venezia e del suo galleggiare sull’acqua. Pensò ad un lavoro vero, ad una casa in periferia, con un po’ di orto, pensò a Fatima, al suo profumo che l’avrebbe accompagnato per sempre.
Poi fu un attimo, un secondo di silenzio e poi il fragore dell’esplosione. Tutto davanti ai suoi occhi si fece in mille pezzi e poi il vuoto. Chiuse gli occhi pensando a Fatima ed al suo profumo, era sotto le macerie della sua casa.

Lo ritrovarono ancora con in mano la cartina dell’Italia. La guerra è triste perché troppo spesso ti fa morire con i tuoi sogni ancora stretti tra le mani. 

mercoledì 27 gennaio 2016

un legame

Ho bisogno di una sigaretta. In realtà non è proprio così, fumare forse nemmeno mi piace troppo. Ho bisogno del suo gusto in bocca, di quella saliva amara tra le guance, che ti pizzica la lingua. Ci sono volte come questa in cui credo che la mia anima sappia di questo catrame. Quand'è così ho bisogno di alzare il volume dello stereo e spingere sull'acceleratore.
Ho ascoltato tanto da bambino e credo di essere venuto su bene con tanti carismi e aspettative, eppure finisco le mie serate guardando un bicchiere vuoto e senza la forza di spostarmi dal divano al letto.
Credo si tratti di un problema generazionale, di quelli come me che in fondo hanno sempre avuto tutto.
E abbiamo il peccato negli occhi, rapaci e capaci di violenza. A volte bastano un paio di calze per farmi dimenticare tutti i miei buoni principi, e poi passi il giorno successivo ad affogarti nel baratro di qualche dipendenza. La cocaina accelera i miei pensieri e mi fa credere di essere invincibile, il cibo ingurgitato in quantità come punizione ed espiazione per le mie colpe.
E entri in un circolo vizioso che in fondo ti piace perché almeno lui non ti abbandona.
Quando ti accorgi del marcio spesso è tardi. La droga non ha fatto nient’altro che amplificare le mie ansie. E quest’ultime non hanno fatto nient’altro che aumentare le mie paranoie. E così ti sembra che tutti ti guardino e che tutto il mondo sia pronto a puntarti il dito contro. E crolli quando scopri che al mondo in fondo di te non importa molto.
E così la mia ricerca continua, perso nei vicoli della solitudine senza più anestesia. A volte penso che tutto ciò sia irreale, vano e passeggero. Come me inutile. Eppure ho voglia di dare un senso a tutto ciò, forse ho solo bisogno di un qualcosa per cui essere migliore, qualcuno che riesca a tirare fuori il meglio di me.
La mia anima non sa di catrame, ha solo bisogno di un legame. Qualcuno in cui credere, qualcosa da sperare, qualcuno da amare.