giovedì 27 dicembre 2012

noi non possiamo

leggevo oggi Atti 4, 13-20:


Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e considerando che erano senza istruzione e popolani, rimanevano stupefatti riconoscendoli per coloro che erano stati con Gesù; quando poi videro in piedi vicino a loro l'uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa rispondere. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che dobbiamo fare a questi uomini? Un miracolo evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. 
Ma perché la cosa non si divulghi di più tra il popolo, 
diffidiamoli dal parlare più ad alcuno in nome di lui». 
E, richiamatili, ordinarono loro di non parlare assolutamente né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato».


e mi sono fermato a rifletterci un pò...


perché due uomini qualunque avrebbero dovuto affrontare il giudizio del sinedrio per delle semplici idee? A quanto pare le loro motivazioni erano altre. Avevano trovato il Cristo, il Messia, eppure questo non gli bastava dovevano gridarlo al mondo e così con i loro pochi limiti annunciano la morte e la risurrezione di Gesù. Perché non possono tacere.

Questo brano mi rode dentro perché mette in evidenza invece tutti i miei silenzi di perbenismo. Non ho la forza ne l'audacia degli apostoli e rimango fermo a non combattere contro un mondo che è un contr'annuncio. Il sangue che ogni giorno milioni di fratelli getta via grida dall'asfalto della mia città e chiede riposo, ed io faccio ancora finta di non sentire, anestetizzandomi dietro false scuse e mezze verità.

L'annuncio della buona notizia mi brucia dentro ed in questo momento avverto tutta la povertà di chi non sa affrontare una missione così impegnativa e viva.

Signore donami un pò dell'audacia che contraddistingueva Pietro e Giovanni, perché la mia vita sia lode e non più un rincorrere lodi come fino ad oggi è stata.





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