venerdì 1 maggio 2020

Contagi zero


Contagi zero
tempo di pandemia, tempo per ritornare a scrivere un po’.
Lo faccio con ritardo. Lo faccio in una situazione particolare, sentendo il peso della responsabilità delle persone che oggi mi sono state affidate come parroco. Dal 19 marzo, in piena fase 1, sono stato nominato parroco della comunità Maria SS. Assunta in Miano, capirete i sentimenti che si muovono in me, da un lato una grande gioia, dall’altro paura, senso di inadeguatezza per una situazione che nessuno poteva aspettarsi.
Siamo alle soglie della fase 2 ed il ritornello più forte che si sente in questi giorni è riapertura sì, riapertura no. Anche come Chiesa siamo interpellati ed anche come Chiesa non riusciamo a dare una risposta corale, ma credo che ciò sia normale vista la situazione nuova che ci mette tutti in fuorigioco, con poche certezze e tante paure.
Chi ha giocato a calcio sa di cosa parlo. È ciò che succede la prima volta che giochi “da grande”, con tutte le regole. Vedi il tuo attaccante da solo e lo lanci, lui stoppa, si gira verso la porta indisturbato pronto a fare goal e l’arbitro fischia. L’azione è perfetta ma siete in fuorigioco. È snervante, meglio se avessi sbagliato il cross o se il mio compagno avesse stoppato male. Su quello possiamo allenarci, sul fuorigioco no. Con il fuorigioco devi fermarti e studiare tattiche diverse.
Tattiche diverse sono quelle che come Chiesa vorrei che riuscissimo insieme a far venire fuori, tattiche lontane dagli schemi del mondo, il cui interesse e preoccupazione è giustamente la ripartenza economica. Tattiche che hanno lo stesso obiettivo di sempre, fare goal, che per noi è annunciare la buona notizia di Gesù, nonostante tutto. E invece rimango impantanato nei soliti schemi, che oggi rischiano di non essere efficaci. Oggi c’è il serio rischio che, lanciando semplicemente la palla diretta verso il mio compagno, l’arbitro fischi ancora il fuorigioco, consegnando la palla al nostro avversario. E questo non deve accadere.
Perché ci sono stati troppi morti, perché ci sono ancora troppi morti, perché i contagi sono tanti.
E allora sogno qualcosa di diverso, sogno di imparare a fare comunità nonostante le distanze, sogno di imparare ad amare e sostenere la mia gente anche se non posso vederla fisicamente. Desidero così tanto la celebrazione domenicale, desidero abbracciare la mia gente, consolarla nel dolore, incoraggiarla nelle sconfitte ma so che tutto ciò oggi corre il rischio di essere solo l’ennesimo lancio lungo che ci farebbe trovare in fuorigioco.
E allora continuo con la buona pratica delle tante tattiche nuove che sono nate in questo tempo. Continuo ad essere presente seppur distante, continuo a scegliere gli ultimi, continuo a rifiutarmi di ragionare con le categorie del mondo. Non mi importa se tutti riaprono, a me importa delle persone ed in modo speciale dei più deboli. E so che così facendo pian piano riuscirò a trovare lo schema per il passaggio perfetto che porti il mio compagno al goal. Uno schema che oggi forse può chiamarsi contagio zero, qualcuno dirà utopia, io preferisco profezia. Perché oggi non sento per il mio popolo il bisogno di rivendicare il diritto alla Messa, ma sento il bisogno di custodire le persone.
Abbiamo bisogno di profezia, capacità di non fermarci ai nostri schemi ma di ascoltare e mettere in atto le tattiche nuove che il Signore ci sta suggerendo.
Coraggio, continuiamo ad allenarci con i nuovi schemi che lo Spirito ci sta insegnando e puntiamo al contagio zero, celebrare insieme l’eucaristia sarà ancora più bello. Sarà il nostro goal più importante.

giovedì 26 settembre 2019

qualcuno che mi porti al mare


sono bianco, italiano, maschio, etero. Appartengo ai fortunati di questo mondo, a chi non deve lottare per niente... appartengo a quella piccola parte di popolazione mondiale che fa le regole del gioco. Questo è come mi vedono gli altri, ma io mi ritengo ancora più "graziato", perché sono prete ed è quello che ho sognato e che oggi provo con coraggio ad essere. Dico di essere ancora più fortunato della media dei miei coetanei perché so che a 32 anni io posso fare ciò per cui ho studiato e sognato, e posso farlo qui, nella mia terra, Napoli. Tanti, troppi, miei amici devono vendersi per trovare lavoro, devono andare lontano per crearsi un futuro.
Credetemi, tutto ciò mi fa male. Sopratutto perché in giro respiro un forte senso di rassegnazione ed in modo particolare perché vedo, a livello nazionale e mondiale, una classe politica che pensa non tanto a come aiutarci a costruire un domani diverso (non oso dire migliore) ma a trovare vie di anestetizzazione di massa atte a farci credere pieni di diritti ma che in realtà ci svuotano di essi.

Ultimo il caso dell'apertura al suicidio assistito e all'eutanasia. Non mi permetto di giudicare chi ha fatto certe scelte o chi le sta pensando magari proprio adesso. Assolutamente no, il dolore è sacro, e la libertà personale lo è altrettanto. Mi spiace però pensare che lo stato non si adoperi per aiutare ad immaginare vie alternative.

Se penso alla solitudine, all'incomprensione, al senso di inutilità ed al sentirsi un peso che sperimenta una persona malata (di qualunque malattia si tratti) mi tremano le gambe. Ho tante volte ascoltato questa frase, anche da tanti credenti: "padre, vorrei morire". Ed ogni volta è un nodo alla gola. Perché a volte penso che in fondo hanno ragione.

Ma come ho già detto, sono un ragazzo fortunato, perché anche se a livello personale spesso rimango senza parole davanti a questo dolore, ho incontrato persone che invece hanno deciso di spendere tutta la propria vita per chi è nella sofferenza. Ho incontrato chi tratta da persone gli ultimi, gli inutili di questo mondo, chi li accoglie e li incoraggia, senza nessun tornaconto. La foto postata è il disegno di uno degli ospiti del "Cottolengo", una piccola casa dove si vive tutto questo e tanto di più. Sono un ragazzo fortunato perché nella mia solitudine ho incontrato chi ha creduto e puntato su di me, nonostante apparentemente non ne valesse la pena.

Non sono un uomo di legge, e non saprei come scrivere, e se sarebbe giusto farlo, una legge sul fine vita. Ma so che preferirei una legge sull'obbligo alla vita... una legge che costringa a preoccuparci gli uni degli altri, una legge che ci imponga di prenderci a cuore chi è più debole. Vorrei, se un giorno fossi bloccato dalla malattia, che ci fosse una legge che costringesse i miei concittadini ad organizzare un turno per portarmi ogni giorno al mare e magari leggermi una storia...

Non so dire cosa è giusto... ma prima di una qualsiasi legge sul fine vita, vorrei tanto che si parlasse di leggi che aiutino a scoprire quanto la vita possa essere meravigliosa, nonostante tutto.




giovedì 23 agosto 2018

ho bisogno di un sogno


In fondo non c’era nulla di speciale in quello che faceva o diceva. 
Nino era cresciuto in una famiglia normale, in una città normale, con degli amici normali.
Era bambino e nel suo piccolo mondo si sentiva forte, era bravo a scuola, non litigava con nessuno, non dava problemi. Pensava che questo gli sarebbe bastato per diventare grande come suo padre che nei suoi piccoli occhi viveva felice, senza problemi.
L’adolescenza ed il vento fra i capelli gli fecero cambiare idea. Poteva ritenersi ancora bravo, ma di certo non era il migliore; con la famiglia era sempre più un casino di incomprensioni, gli amici qualche volta gli voltavano le spalle e con le ragazze era sempre un salto nel vuoto.
Nino era uno fra tanti e questo in fondo gli dava sicurezza. 
Dopotutto è facile, sopravvive chi sa adattarsi, ma poi quando sei solo? E a Nino salivano a galla le paure di sempre: chi sono?; cosa farò?; sarò in grado di? 
E troppo spesso la risposta era una solitudine assordante.
Ma poi Nino capì.
Quando quest’ansia ti prende puoi tornare dai tuoi amici e nei tuoi posti sicuri e così anestetizzare il dolore che ti porti addosso, oppure puoi iniziare a guardarti dentro, ad ascoltarti e così scoprire la profondità dei sogni di cui sei fatto.
Nino scelse di provarci, non sarebbe stato più uno fra tanti che cammina a vuoto, sarebbero stati i suoi sogni, ciò che aveva dentro, a marcargli una strada nuova. Sarebbe stato diverso, e qualcuno di certo non lo avrebbe capito e appoggiato, ma sarebbe stato niente in confronto al desiderio di respirare finalmente a pieni polmoni.

mercoledì 7 febbraio 2018

Tradirsi

Non lo fai mica apposta...
a volte capita per caso... e quello che lei fa, dice, all'improvviso ti sembra la cosa giusta.
E non ti parlo di cose straordinarie, ma di cose semplici. Solo che all'improvviso questa cose così semplici diventano maledettamente importanti, le uniche che ti danno senso.
Le dai un passaggio dopo il lavoro, la vedi scendere dalla tua auto e andare via verso casa e ti accorgi che anche tu stai andando altrove, e già sai che non sarà abbastanza, perché altrove hai tutto, c'è la tua vita, tua moglie e i tuoi figli.
Ma non c'è lei.

mercoledì 21 giugno 2017

Specchiarsi


Si arriva ad un'età strana, quando non riesci più a dormire e al mattino ti alzi stanca, tanto che nemmeno ti riconosci più allo specchio.
Alessandra aveva passato l'ennesima notte fuori ad un balcone a guardare una città non sua e al risveglio, nella solita fretta di andare a lavoro si era fermata a fissare un attimo lo specchio.

Quell'immagine quel giorno però aveva qualcosa di diverso, quante Alessandra fa rifletteva quello specchio? Si vedeva sorridente giocare da bambina, vedeva gli auricolari che nell'adolescenza la isolavano dal mondo, si vedeva bellissima stretta tra le braccia del suo primo amore, brutta il giorno dopo che era stata abbandonata. Ferita quando tutti attorno a lei prendevano la propria strada, si vedeva sorridente ed in ansia con la paura di dover affrontare il suo primo lavoro fuori città. 

Iniziò a truccarsi e capì che quell'azione così abituale non faceva nient'altro che mettere su la maschera di chi sarebbe dovuta essere quel giorno, per piacere a tutti, per provare ad arrivare ancora una volta a sera, piena delle cose fatte, vuota di quelle vissute.

Guardò ancora una volta lo specchio e decise di non voler specchiarsi più. Decise di non mettere più maschere su maschere per strappare sorrisi. Decise che tutte quelle immagini di lei andavano bene così.

Quanta fatica nel cercare la risposta più adatta, quante energie sprecate per provare ad essere chi non eraaltro. E così decise di essere semplicemente vera.

Si specchiò ancora una volta e ora vide il suo volto, rilassato, non più impegnato ad essere chi non era, libero di essere semplicemente se stesso.

Quello era il giorno per iniziare ad essere solo se stessa, forse in molti l'avrebbero considerata pazza.
Quel giorno si vide per la prima volta per quello che era, ed andava bene così

lunedì 26 settembre 2016

domani?


“C’è una sola cosa che vorrei davvero, avere a disposizione del tempo”.
In fondo è la cosa di cui Gabriele più sentiva la mancanza. Una vita, la sua, bella piena di soddisfazioni, di primi posti e di obiettivi raggiunti, perché in fondo in quello che fai sei bravo e non ti costa fatica.
Eppure, dopo una giornata frenetica a fare tutto ciò che andava fatto, non era appagato.
Sveglia al mattino, la corsetta giù al parco perché deve mantenersi in forma. Poi accompagnare i bambini a scuola, perché è un padre di famiglia. Poi il lavoro, perché bisogna guadagnare per far andare avanti con la scuola, i dottori, il calcetto e la danza. Poi una visita alla mamma ammalata perché si sente troppo sola.
Poi e perché che si aggrovigliano nella mente e mandano in corto circuito il cuore. Non vuoi venir meno a nessun impegno preso, eppure in quelle faccende in cui avrebbe dovuto trovare se stesso, Gabriele non trovava niente.
Giornate spese a rincorrere i poi, giornate passate a doversi giustificare dai perché.
Domande che sempre più insistenti ti tolgono il respiro mandandoti in corto circuito, come quando è caldo eppure tu senti un brivido di febbre, come quando in ciò che fai ci metti il cuore ma questo poi crea legacci.
È davvero giusto ciò che faccio? È davvero questa la mia strada? E domani?

lunedì 30 maggio 2016

l'altra


Quando l'ho vista in palestra mi è successo qualcosa di strano, ero lì a fare i miei esercizi e intanto pensavo a dove l'avessi vista. Dal tappeto la guardavo nello specchio, i nostri occhi lontani si incrociavano furtivi e sorridenti. Me ne innamorai subito, senza un perché preciso. Era bello sentirsi guardati, era bello spiarla e inventarsi un modo per poterle parlare.
In strada, il vento che mi asciugava la pelle ancora bagnata e l'andare piano in moto con il volto di lei fisso davanti agli occhi. Arrivai a casa e, come sempre, trovai mia moglie ad aspettarmi, bellissima, leggeva un libro sul divano. La abbracciai e la baciai ma niente levò dal mio cuore l'altro sguardo. 
La storia ci racconta che l'amore è unidirezionale, ma ciò non basta a fermare le emozioni che spontanee partono e creano mille fantasie nella testa. Guardavo Michela leggere, guardavo i suoi capelli setosi e ricordavo facilmente perché ero innamorato di lei, e intanto, mentre di notte il profumo di quei capelli accompagnava il mio riposo, l'altra tornava a farmi visita.
E' la strana sensazione di avere tutto e di sentire il bisogno di altro. Ho sognato la vita con Michela e ho lottato per stare con lei. E' la donna più forte che io conosca, chissà quante volte mi sarei perso se non l'avessi incontrata. Voler stare con lei mi ha dato la fiducia necessaria per capire chi volevo essere, per studiare, per crescere. Il suo sguardo al mattino è il motivo per cui mi sveglio con la consapevolezza che sarà una giornata bellissima. Amo Michela, è la donna della mia vita.
 Eppure ce n'è un'altra...