giovedì 26 settembre 2019

qualcuno che mi porti al mare


sono bianco, italiano, maschio, etero. Appartengo ai fortunati di questo mondo, a chi non deve lottare per niente... appartengo a quella piccola parte di popolazione mondiale che fa le regole del gioco. Questo è come mi vedono gli altri, ma io mi ritengo ancora più "graziato", perché sono prete ed è quello che ho sognato e che oggi provo con coraggio ad essere. Dico di essere ancora più fortunato della media dei miei coetanei perché so che a 32 anni io posso fare ciò per cui ho studiato e sognato, e posso farlo qui, nella mia terra, Napoli. Tanti, troppi, miei amici devono vendersi per trovare lavoro, devono andare lontano per crearsi un futuro.
Credetemi, tutto ciò mi fa male. Sopratutto perché in giro respiro un forte senso di rassegnazione ed in modo particolare perché vedo, a livello nazionale e mondiale, una classe politica che pensa non tanto a come aiutarci a costruire un domani diverso (non oso dire migliore) ma a trovare vie di anestetizzazione di massa atte a farci credere pieni di diritti ma che in realtà ci svuotano di essi.

Ultimo il caso dell'apertura al suicidio assistito e all'eutanasia. Non mi permetto di giudicare chi ha fatto certe scelte o chi le sta pensando magari proprio adesso. Assolutamente no, il dolore è sacro, e la libertà personale lo è altrettanto. Mi spiace però pensare che lo stato non si adoperi per aiutare ad immaginare vie alternative.

Se penso alla solitudine, all'incomprensione, al senso di inutilità ed al sentirsi un peso che sperimenta una persona malata (di qualunque malattia si tratti) mi tremano le gambe. Ho tante volte ascoltato questa frase, anche da tanti credenti: "padre, vorrei morire". Ed ogni volta è un nodo alla gola. Perché a volte penso che in fondo hanno ragione.

Ma come ho già detto, sono un ragazzo fortunato, perché anche se a livello personale spesso rimango senza parole davanti a questo dolore, ho incontrato persone che invece hanno deciso di spendere tutta la propria vita per chi è nella sofferenza. Ho incontrato chi tratta da persone gli ultimi, gli inutili di questo mondo, chi li accoglie e li incoraggia, senza nessun tornaconto. La foto postata è il disegno di uno degli ospiti del "Cottolengo", una piccola casa dove si vive tutto questo e tanto di più. Sono un ragazzo fortunato perché nella mia solitudine ho incontrato chi ha creduto e puntato su di me, nonostante apparentemente non ne valesse la pena.

Non sono un uomo di legge, e non saprei come scrivere, e se sarebbe giusto farlo, una legge sul fine vita. Ma so che preferirei una legge sull'obbligo alla vita... una legge che costringa a preoccuparci gli uni degli altri, una legge che ci imponga di prenderci a cuore chi è più debole. Vorrei, se un giorno fossi bloccato dalla malattia, che ci fosse una legge che costringesse i miei concittadini ad organizzare un turno per portarmi ogni giorno al mare e magari leggermi una storia...

Non so dire cosa è giusto... ma prima di una qualsiasi legge sul fine vita, vorrei tanto che si parlasse di leggi che aiutino a scoprire quanto la vita possa essere meravigliosa, nonostante tutto.




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