martedì 5 novembre 2013

un caffé...


Ti amo, ti amo così tanto che farei qualsiasi cosa per te.
Era la frase che Marta aveva più sentito dirsi negli ultimi anni. Lei, sulla quarantina, non più giovane eppure bella, bellissima perché capace di dipingere in pochi attimi una semplice storia in un affresco di passione. Sorrideva sempre Marta, eppure a Luca il barista sotto casa sua non sembra così.
Aveva l’occhio lungo Luca e gli piaceva fantasticare sulla vita delle persone che passavano per un caffè, in particolare su Marta, la donna più elegante che lui avesse mai incontrato. La vedeva triste, ma non come a chi è capitato qualcosa di brutto, ma triste di quelle tristezze che sanno di solitudine.
E Marta era così, sola.
Aveva dimenticato cosa fosse l’amore vero e così per lei gli abbracci erano diventati semplicemente strette e gli sguardi o le carezze un marcare un territorio, quello del suo corpo che lei non sentiva più veramente suo. Forse aveva bisogno solo di libertà e di un po’ di pace, ma si ostinava invece a chiedere solo un caffè. Luca, chissà perché, la immaginava professoressa di un liceo del centro, e quando le chiese come andasse con i ragazzi lei confuse, e le si strinsero il cuore ed il grembo pensando a quei figli che il suo mestiere le avevano proibito.
Luca ascoltò quel dolore e si fece serio, le chiese perdono per la sua goffaggine e le sorrise. Che sorriso aveva Luca, non diceva ne più ne meno di quello che un sorriso dovrebbe dire, ti faceva sentire abbracciata e basta. Marta sorrise a sua volta e uscì dal bar felice come una ragazzina.

E si convinse che forse quel vuoto che sentiva dentro chiedeva solo un sorriso sincero.

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