“Samir vieni, c’è qualcuno che ti cerca”. Il ragazzo posò i
cuffioni e iniziò a scendere le scale. Subito un tremolio delle pareti gli
ricordò di dove si trovava, da qualche parte era venuta giù una bomba. Era
ormai quel tremare diventato il sottofondo ufficiale di ogni cosa si scegliesse
di fare. La guerra civile prima ed ora gli attacchi occidentali rendevano la
sua città una continua polveriera.
Ma Samir è forte dei suoi 16 anni
e come tutti gli adolescenti non sente nemmeno lontano il puzzo della morte,
sarà l’incoscienza.
Alla porta c’era Bashir, suo
compagno di scuola, in una giacca troppo larga, forse del padre. “L’hai sentita? – Samir feci si con la
testa – bene io ne ho abbastanza, voglio
andar via”. Samir sorrise, aveva sentito quel discorso già tante volte.
Bashir riprese: “ma questa volta non è
come le altre, è appena arrivata una lettera di mio cugino dall’Italia, dice
che lì c’è abbastanza lavoro per tutti. Capisci Samir? – lo guardò fisso
negli occhi – possiamo finalmente
cambiare la nostra vita, niente bombe e niente miseria, niente morte”.
Samir non ne era troppo convinto,
suo padre era partito per la Francia quando lui era un bambino, in passato
mandava soldi e giocattoli, poi d’improvviso più nulla. Sua madre da allora era
caduta in depressione, in bilico tra le lacrime di una vedova e la rabbia di
una donna tradita. No, l’occidente non prometteva nulla di buono.
“Credimi – incalzò Bashir – si
tratta solo di passare il Mediterraneo, il resto verrà da sé. Pensa che mamma
lascerà partire con me anche Fatima, è tutto sicuro questa volta”.
‘Fatima’… pensò in un attimo Samir e davanti agli occhi gli passò l’immagine
di quella bambina vestita di viola che lo invitò da piccolino a prendere un caffè
immaginario… poco dopo la vedeva cresciuta, in classe, che gli sorrideva da
lontano… e poi in quella sera dell’estate scorsa, durante una tregua dalle
bombe, mentre si promettevano amore per sempre.
Gli occhi di Samir sorrisero: “Certo, partiamo, il nostro futuro ci
aspetta”. Bashir lo guardò entusiasta “cerca
di convincere i tuoi, tra due settimane sarà aprile, un buon tempo per partire”.
I due amici si strinsero in un forte abbraccio, poi Bashir andò via.
Samir corse in stanza, provò a
collegarsi ad Internet ma niente, non c’era segnale. Si girò verso la sua
libreria e cercò il suo vecchio libro di geografia. Cerco la cartina dell’Italia
e iniziò a fantasticare sull’Italia e sulle tante opportunità che stavano per
aprirsi davanti a lui. Immaginò Napoli e lui Fatima abbracciati stretti in un
vicolo senza sole, pensò a Roma e alle sue antichità, si ricordò di Venezia e
del suo galleggiare sull’acqua. Pensò ad un lavoro vero, ad una casa in
periferia, con un po’ di orto, pensò a Fatima, al suo profumo che l’avrebbe
accompagnato per sempre.
Poi fu un attimo, un secondo di
silenzio e poi il fragore dell’esplosione. Tutto davanti ai suoi occhi si fece
in mille pezzi e poi il vuoto. Chiuse gli occhi pensando a Fatima ed al suo
profumo, era sotto le macerie della sua casa.
Lo ritrovarono ancora con in mano
la cartina dell’Italia. La guerra è triste perché troppo spesso ti fa morire
con i tuoi sogni ancora stretti tra le mani.
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